Non dico che gli abusi di minori siano specchio dei tempi ma certamente fra ieri e oggi qualcosa è cambiato e i penalisti, basti pensare a Internet, fanno di tutto per mettere le leggi al passo. Intanto, andando a prendere le mie figlie piccole con le loro amiche all'uscita della discoteca, sento che la piccola X se n'è fatti sei durante la serata, mentre Y "solo" quattro, e poi quella matta di Z se n'è fatti più di otto.
Ora per me, e penso anche per voi, "farsi" una ragazza o un ragazzo ha un solo significato. Quindi immaginatemi impietrito alla guida che ascolto questi discorsi. Accompagno tutte a casa e appena entro in garage finalmente solo con le mie figlie chiedo: "Ma che vuole dire che X se n'è fatti sei e l'altra quattro? Ma di che parlate?"
Le mie figlie mi guardano come se fossi un alieno non molto sveglio.
"Significa che hanno baciato".
Grandissimo respiro di sollievo, mi sembra grave ma non libera prostituzione.
"E chi si sono fatte, cioè chi hanno baciato e dove?"
"Ma chi capitava, papà, ormai molte fanno così in discoteca, vedono uno che gli piace, si guardano, si baciano un po' e poi finisce lì".
"E chi sono questi qui? Quanti anni hanno?"
"Dipende, sono sempre più grandi, si capisce".
"Più grandi quanto? Se hanno più di quattro anni delle minorenni che baciano è un reato penale, abuso di minori!"
Le mie figlie si guardano, mi osservano poi con evidente commiserazione e se ne vanno a letto. "Buona notte papà".
Un passo indietro
Eravamo a casa di Serenella, nell’appartamento sfitto che c’era affianco dove i grandi ci mandavano dopo pranzo per toglierci dai piedi. Quasi tutte le domeniche. Mio fratello, un suo compagno di scuola, Serenella che aveva molti anni più di noi ma non poteva ancora uscire da sola, l’amica del cuore di Serenella che era bruttissima e sempre di cattivo umore, la figlia del portiere di sette anni che ne dimostrava almeno dieci, e un giradischi con le canzoni di Celentano e di Morandi.
Ballavamo, accoppiandoci alla meglio, ognuno di noi sognando qualcun altro. E facevamo scherzi. Dal quinto piano dove ci trovavamo buttavamo bicchieri d’acqua sui passanti, pomodori oppure gridavamo aiuto tanto per ridere.
Un giorno passarono sotto il nostro balcone tre ragazze. Una cosa rarissima. Corsi giù e le pregai in tutti i modi di salire.
“C’è una grande festa, venite, si mangia si beve, ci sono un sacco di invitati...!
Le tre ragazze alla fine sorridendo, guardando Serenella rassicurante sul balcone, acconsentirono. Trovarono solo questa compagnia di disperati ma non se la presero, apprezzarono la musica e si misero a ballare anche loro accoppiandosi come capitava.
Una delle tre se ne andò sul balcone a fumare. Aveva almeno vent'anni. La raggiunsi.
“Quanti anni hai?”, mi chiese.
“Sedici”, dissi. Ma ne avevo appena tredici.
“Ma va là”, mi disse arruffandomi i capelli. Io cominciai a guardarla: la bocca grande piena di rossetto, una maglia che le evidenziava il seno, immenso, i capelli neri, folti con i boccoli appena fatti.
“Dove stavate andando”, le chiesi cercando di non essere stridulo.
“Da nessuna parte, oggi è domenica. E’ la nostra giornata libera”.
“Che cosa fai”, le chiesi più deciso, non riuscendo a staccare gli occhi dal suo seno e dalla sua bocca. Volevo essere suo figlio e succhiarle una mammella.
“Lavoro da una parrucchiera”.
Cercai di immaginarla mentre lavava i capelli.
“E ce l’hai un fidanzato?”, le chiesi senza una ragione.
“Sì ma sta facendo il militare. E tu ce l’hai una fidanzata?”
“Sì - mentii - ma non poteva uscire oggi. Era raffreddata”.
Lei rideva a ogni mia parola e non mi staccava gli occhi di dosso.
“E che cosa ci fai con la tua fidanzata?”
“Tutto”, dissi precipitosamente. E lei giù a ridere.
Improvvisamente la odiai. Era volgare, non mi piaceva come era vestita. Parlava con un forte accento paesano. E non mi piaceva come mi guardava.
“Ti piaccio?”, mi chiese.
“Sì, molto”, dissi senza controllarmi.
“Quanto ti piaccio?”
Non seppi cosa dire. Non la odiavo più. Ebbi la sensazione che stesse per succedere qualcosa e tutto dipendeva dalle mie risposte.
“Molto”, ripetei cercando di sostenere il suo sguardo.
"Ti piaccio più della tua fidanzata?”
“Sì, molto”.Lei di nuovo rise, di gusto, la testa indietro, la bocca aperta.
“Io non ce l’ho la fidanzata”, le dissi.
“E’ proprio un peccato”, disse facendomi cenno di avvicinarmi.
Come ipnotizzato mi mossi verso di lei. Lei mi guardò i capelli, gli occhi, il naso, la bocca. Poi mi prese il capo e mi avvicinò al suo viso e, sempre guardandomi la bocca, si avvicinò fino a toccarmi il naso e mise le sue labbra sulle mie. Mi abbracciò forte e mi ficcò la sua lingua in bocca. Ero spaventato, sentivo questa lingua enorme contro la mia sui denti in gola spingere spingere. Si staccò. Mi guardò di nuovo negli occhi di nuovo le labbra e ancora rientrò con la sua lingua nella mia bocca più violentemente. Si staccò di nuovo, come pentita, irritata. Rientrò nella stanza salutò le sue amiche e andò via.
Ancora non so se quello fu un abuso di minore o la prima volta che baciai una donna.